Il libero pensiero - Il Dubbio - Luigi Albano

LUIGI
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Napoleone Roussel (1805-1878)
IL DUBBIO
Lettore, siete voi del tutto incredulo? negate voi il bene ed il male, Gesù Cristo e il Vangelo, Dio e l’avvenire ? in una parola, non credete voi a niente? -, Così non penso.
Siete voi, al contrario, un credente perfetto? la vostra fede, qualunque ne sia l’estensione e qualunque la natura, è dessa ferma ? - Non lo penso neppure.
Non siete nè credente, nè incredulo; ma dubitate. Il dubbio, un forse sopra ogni cosa; forse un Dio, forse, un avvenire, forse un Cristo, forse niente; ecco lo stato spirituale a voi solito.
A questo proposito, permettetemi di presentarvi una riflessione.
Oppure vi è un Dio, oppur non ve n'è; oppure v'è un avvenire, oppure il nulla. Nell’una o nell’altra di quelle asserzioni stà la verità; ma, senza fallo, non è tra il sì ed il no che età la verità; la verità non stà nel dubbio, nel forse.
Un Dio forse, un nulla forse non esistono. O che e è un Dio, o che non c’è; o che c’è un nulla, o che non c’è. Qui, di via di mezzo non ce n’è. Di modo Chè se all’incredulo non posso dire: voi siete certamente in errore, se non posso neppure asserire al credente che infallibilmente egli s’inganna, vi ha un uomo però a chi posso con tutta certezza dichiarare ch’egli non è nella verità; desso è lo scettico, desso è colui che
dubita, desso lo siete voi!
So benissimo che non nutrite in petto la pretensione di erigere i vostri dubbii a definitiva dottrina, e che assai vi sarebbe a grado di trovare la verità. Pur tuttavia, lasciate che faccia una riflessione: non è egli vero che se alle volte il dubbio vi è di peso soverchio, al solito però esso vi fa comodo? ognuno che dubiti non può ragionevolmente starsene sottoposto agli obblighi del credente.
Chiunque dubita (ed è elastico il dubbio, lo si distende a capriccio) chiunque dubita, dico, è bell'autorizzato a limitare il suo dovere ed a condurre le sue licenze sino a quel punto ove comincia il suo dubbio; il dubbio adunque crescerà a proporzione del bisogno, della circostanza, del volere di colui che dubita.
Scema nella pacatezza dello spirito, ingrandisce nel bollore del cuore. Non è vero?
Se a quel modo stà proprio la cosa, l’ispiratore del dubbio è la passione. Il dubbio adunque non è involontario, conseguentemente non è innocente! Nello scettico cé lotta, non già tra la luce e le tenebre, bensì tra la fede ed il piacere. Se la fede imperasse sul piacere, gl’increduli sarebbero credenti.
Dunque che fare? Occorrà egli, per essere irreprensibile, accettare la fede ad occhi chiusi, all'ingrosso, diventar come bruti e pensare che quanto più crederemo tanto meglio sarà?
No! lungi da ciò. Una fede cieca, non sentita, dirò anzi una fede non intelligente, non è la vera fede; è superstizione quand'anche avesse ad oggetto la verità. Ma ecco cosa sarei per consigliare a colui che, dubitando, riconoscesse che le sue incertezze potrebbero benissimo avere la loro causa nelle proprie sue passioni; gli direi: quali si siano i vostri dubbii non vanno però sino al punto di mettere in sospetto la propria vostra coscienza.
Voi credete, per lo meno, che il bene morale ed il male non sono una stessa cosa; che passa una differenza tra il delitto e la virtù, tra il giusto e l’ingiusto, tra l’uomo veritiero e l'impostore. Ebbene! per ora attenetevi a quella fede elementare, studiatevi di operare conseguentemente ad essa e di praticare nella vostra vita tutto quanto nel foro vostro interno approvate. Dovrà accadere o l’una o l’altra di queste due cose: oppure vi riescirà il vostro tentativo, oppure andrà fallito. - Se vi riesce, quel bene medesimo che avrete fatto corroborerà la vostra fiducia, la vostra fede, al senso morale; lo terrete in sempre maggior pregio, ed esso vi porterà più lontano e più in alto nella fede.
Operar bene v’insegnerà a credere meglio.
Ma forse sarà l’opposto che v’accadrà; forse, ad onta dei vostri conati, non potrete giungere a fare il bene; forse il vostro coraggio, ardente finchè non si tratterà se non di formare risoluzioni nella quiete, si raffredderà subito che sarà necessario che v’impegniate all’opera; forse la passione, l’appetito che sonnecchiano quest’oggi, domani si desteranno in modo inaspettato. E così astuta la passione, e così presta che le soggiaciamo quasi prima di averla ravvisata! Forse (almeno a giudicarne da me stesso), forse scoprirete che tutti quei vostri buoni desiderii non erano vere forze e che se ieri siete dovuto soccombere, soccomberete probabilmente eziandio domani.
Oimè giungerete forse sino al convincimento che in questo caso tutti igiorni sono simili tra loro e che, se pur cambiano le nostre concupiscenze, non cambia il nostro cuore.
Venuto una volta a quel punto, fate un altro passo avanti, non circoscrivete il vostro esame di coscienza allo studio superficiale della vostra maniera di esteriormente governarvi, ma fatevi a scendere negli abissi caliginosi della vostra anima. Scandagliate, scandagliate a fondo i segreti vostri intenti, e forse scoprirete ch’essi son da meno ancora dei vostri atti.
Forse scoprirete che l’interesse, la vanità stanno alla base delle nostre più risplendenti azioni! che siamo noi, noi stessi che noi vogliamo onorare in quelle nostre pubbliche elemosine, in quelle nostre buone opere poste in così bella evidenza, in quelle nostre gentilezze, in quei nostri servizi che noi offriamo a chiunque ce li possa restituire.
Ah! non fa di mestieri ch’io maggiormente m’innoltri; date retta alla vostra coscienza, quella ve ne saprà dire più di me.
Tuttavia, badateci! la coscienza, che non violenta a nissuno, può essa medesima venire violentata; ma, quantunque giungereste a farla tacere, per questo non più giusto sareste. Il litigaute che anticipatamente stracciava nel codice la pagina contenente la sua sentenza, non perciò incontrò minor condanna! Siamo schietti con noi stessi, e domandiamoci finalmente dove stà lo scioglimento di quella grave diflicoltà; come si fa che l'uomo, nato al bene ed alla felicità, viva però nel male e nella sofferenza?
Per me, lo confesso, non ho saputo trovar la risposta a quel quesito, nè nella mia mente, nè da nissun dotto.
Non l’ho scoperta se non in quella sapienza che l’uomo naturale chiamerebbe volentieri una pazzia, nella Croce di Gesù Cristo.
Mi spiego.
Voi ed io, lettore, abbiam fatto il male; io fors'anche più di voi; ma la quistione non istà nè nel numero, nè nell’enormità dei falli; stà.. in questo fatto considerato nel suo insieme: abbiamo più e più volte infranto i comandi della nostra coscienza. Gesù, affinchè meglio lo sentissimo, ci ha manifestato tutta la grandezza della sua legge morale col rivelarcene la spiritualità. Chiunque, seguendo l’insegnamento di un tanto dottore, riconosca che lo sguardo di concupiscenza già è adulterio; chiunque capisca che l’odio è omicidio agli occhi di Dio; chiunque s' innalzi a tanta altezza, presto giungerà a reputarsi colpevole e maledetto! Ecco il primo passo.
Occorreva poi mostrarsi che così perfetta morale poteva essere tradotta nella pratica; Gesù l'effettuò in modo mirabile, e la sua vita mentre sviluppa la nostra coscienza, accresce la nostra confusione! A quanta distanza non ci troviamo noi dal Martire crocifisso che prega per i suoi carnefici; dal Maestro rinnegato che consola l’apostata, dalla Vittima volontaria che porge il viso al bacio del traditore!
E quando il frutto di quella vita e di quella morte è un perdono offerto per parte del Santo sul patibolo, a favore di coloro che confidano in lui; quando è così data gratuitamente la felicità eterna a colpevoli penitenti, non scorgete voi in quella immensa misericordia un’opera di quel Dio medesimo che gratuitamente ci dà la vita?
Salvami dalla condannazione, non è egli un rinnovare ed oltrepassare la, grazia che dal nulla ci trasse!
Ah! quando acconsentiremo a contemplare in tutta la sua laidezza la nostra vita, ed in tutta la sua bellezza la morte di Gesù, intenderemo questo detto stupendo:

Iddio ha tanto amato il mondo ch’egli ha dato il suo
unigenìto Figliuolo, acciocchè chiunque crede in lui non
perisca, ma abbia vita eterna!

E cesseremo dal resistere allo Spirito Santo che picchia alla porta dei nostri cuori e ci muove a pregare.

Firenze -  anno 1867, autore: Napoleone Roussel (trascrizione in ortografia originale)

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