L'ISLAMISMO
Se la rapidità con cui una religione si estende fosse una prova della sua veracità, niuna sarebbe più vera di quella proclamata da Maometto, la quale in men di cento anni fece sventolare i vittoriosi suoi vessilli dalle rive del Gange a quelle del Garigliano.
In così breve tempo rovesciava l'impero dei Sassanidi, dava una scossa formidabile all'impero dei Greci, conquistava l'Egitto e l'Africa, assediava più volte Costantinopoli, penetrava nella Spagna ove poneva fine alla dominazione dei Goti: s'impadroniva della Sicilia, si spargeva per tutta l'Italia meridionale, nella Provenza, nelle isole di Corsica e di Sardegna, nelle Baleari, e senza la battaglia di Poitiers avrebbe fatto la conquista delle Gallie e forse di tutta l'Europa.
Non meno straordinari furono li ulteriori suoi progressi, a tal che il Corano divenne finalmente il codice religioso di cento e più milioni d'uomini, una buona metà dei quali furono sottratti alla Chiesa di Cristo.
Ora la forza, principale appoggio dell'Islamismo, non lo protegge più: delle grandi monarchie create dalla sua influenza, quella delle Indie è diventata il possesso di una compagnia di mercanti inglesi, dopo Sciah Nadir, la Persia è passata in retaggio ad una mostruosa anarchia, e l'impero degli Osmanli s'avvicina all'ultimo suo disfacimento.
La spedizione di Bonaparte in Egitto non fu di alcuna utilità alla Francia, ma tornò utilissima al cristianesimo, imperocchè, dopo le crociate, era quella la prima volta che le armi cristiane penetravano nel cuore delle provincie Musulmane ed apprendevano a quel barbari a rispettare e temere l'Europa, i sempre crescenti progressi della Russia ristrinsero di più in più i confini dell'Islamismo; la battaglia di Navarino lo espulse per sempre dalla Grecia, il bombardamento di Baruti lo fece tremare nella Siria, i Francesi lo cacciarono dall'Africa, e Mehemet-Alì lavora per far dell'Egitto un deserto, che sarà ripopolato da colonie Europee.
La Porta Ottomana non è più sublime, essa è un principato che sta a discrezione de' suoi vicini; e che un trattato fra le principali potenze dell'Europa può far scomparire da un momento all'altro: e il giorno (non forse lontano) in cui Costantinopoli ridiventerà una città cristiana, tutto l'Oriente sarà cristiano, e una civiltà nuova sarà portata a quelle contrade donde a noi venne la civiltà antica.
Intanto l'abito e il nome europeo, già suggetti a tante umiliazioni, sono non che rispettati, ma temuti nelle provincie Musulmane: l'elemento cristiano or penetra da tutte le parti: esso domina nei porti di mare e si fa strada nelle città mediterranee, e l'imperioso cannone delle potenze cristiane fa tremare i popoli anche là dove esso potrebbe difficilmente arrivare.
In mezzo a queste vicissitudini, ed alla vigilia di una trasformazione sociale che deve mutar faccia ad una gran parte di mondo, la curiosità è spinta naturalmente verso il desiderio di penetrare le cause di quel prodigioso fenomeno, per cui una religione, tutt'affatto meccanica, materiale, antilogica, senza fondamento metafisico, senza incentivi pel pensiero, abbia potuto nondimeno radicarsi tanto profondamente, e progredire sovra spazi disterminati, e non solo mantenersi tanto a lungo, ma dar la forma e l'essere a fortissimi imperi, crearsi una civiltà sua propria, talvolta eziandio luminosa, e contendere per più secoli il dominio, alla civiltà molto più efficace promossa dal cristianesimo.
Finora li storici si sono occupati dei fatti esterni, alcuni, ma superficialmente e di volo, fecero eziandio qualche indagine sulle cause interiori che diedero impulso ai mirabili progressi dell'Islamismo, o che gli fornirono quel carattere di solidità e di resistenza, per cui ha potuto mantenersi fino al presente.
Ma un esame profondo di questa religione, dei suoi mezzi di propagazione e di durata, e dei vizi interiori che lo traggono a quella visibile decadenza in cui la veggiamo e che ne minacciano la dissoluzione, mancava ancora.
Quindi noi dobbiamo essere grati al professore Döllinger dell'aver supplito a questo vacuo con un lavoro quanto breve e succoso altrettanto pregevole per la novità e l'estensione delle ricerche, e dell'aver riunito in un solo e gran quadro una serie di fatti interessantissimi che giacciono dispersi in opere o rare o di pesante erudizione, e generalmente poco conosciute.
Nel considerare più da vicino l'esito che l'Islamismo ebbe fuor della penisola ove nacque, e la posizione nella quale egli collocò i suoi seguaci a fronte di altri popoli e di altre religioni, non è nostro intendimento di discutere più a lungo il fatto che è conosciuto da tutti, cioè che l'introduzione della nuova religione nella Siria e Persia, nell'Egitto e nell'Africa occidentale fu dovuta alla spada.
La dottrina tante volte ripetuta ed inculcata, che il sangue degli infedeli e del nemici del profeta è il migliordono che fare si possa a Dio, dovette portare i suoi frutti; e la guerra per convertire o per violentare quelli che credevano altrimenti, prese sin dal principio un carattere orridamente sanguinario e crudele.
Dopo la vittoria migliaia di prigioni si tagliarono a pezzi, non nei primi istanti di furor militare, ma freddamente e per massima, ed accresceva il numero delle vittime la legge per cui le donne e i figliuoli diventano proprietà del vincitore.
A fomento della lascivia e dell'avarizia contribuiva l'idea, che sì fatte carnificine fossero grate a Dio; come lo mostra l'esempio di Caled, il quale in una fiera battaglia contro gli Arabi Cristiani ed i Persiani idolatri, fece voto che se Dio gli concedeva la vittoria, avrebbe ammazzati tutti i prigionieri e col loro sangue fatte rosse le acque del fiume.
Questi eccessi terribili e senza utilità ebbero luogo non solo nelle prime guerre, nelle quali ilfanatismo de' Musulmani acceso di fresco, proruppe furibondo a guisa di una belva che si strappi dalla catena, e rovesciò e
distrusse tutto che se li parò dinanzi; ma fu piuttosto il carattere dominante e continuo di tutte le guerre de musulmani, e si dimostrò specialmente contro gli abitatori dell'Indie orientali, in una guerra durata per secoli, ma condotta sempre nello stesso modo.
Moamed Sciab Banum, re del Decan, nel 1368, fece voto di non voler rinvaginare la scimitarra se prima non avesse sterminati centomila Indiani infedeli in vendetta di un corpo di Maomettani periti in una sconfitta (1).
Questo non è che un tratto, fra i molti che si potrebbero addurre: lo stesso Saladino, il tanto celebrato eroe dell'Islamismo che fu più volte posto al confronto o preferito a cristiani suoi contemporanei, pagò anch'egli questo tributo di sete fanatica del sangue degli infedeli.
Rinaldo di Chatillon aveva tentata una spedizione contro le due sante città di Medina e della Mecca; perlochè Saladino, in una lettera a suo fratello Malek Adel, dichiarò essere un dovere sacrosanto di purgare la terra da quelli uomini, e di far morire tutti i cristiani che cadessero in potere de Musulmani.
In conseguenza di che una parte del prigionieri cristiani fu trascinata nella valle di Mina presso la Mecca, ed ivi massacrati dai pellegrini in luogo delle pecore e degli agnelli che solevano sacrificare; li altri furono trasportati in Egitto ove i Sufì, qualità di asceti, di cui si parlerà a suo luogo, si fecero come un'opera meritoria, di ucciderne di propria mano un per ciascuno.
Anche dopo la battaglia d' Hittin, Saladino, fece assassinare dai divoti del suo esercito i Templari e li Ospitalieri fatti prigioni, perciò solo che combattevano l'Islamismo per voto (2).
Il cupo odio contro quanti non credono nel Corano, ed una diabolica sete di sangue che i Musulmani succhiano, per così dire, col latte, sono tanto patenti ed ineluttabili, che non seppero emanciparsene nemmanco le più generose nature prodotte dal musulmano Oriente; e le abboninazioni gentilesche dei sacrifici umani furono rinovate da quei medesimi che si recavano ad orgoglio di spegnere ogni gentilesimo ovunque arrivasse il loro braccio.
L'odio contro i seguaci delle altre religioni fu in ogni tempo l'elemento vitale dell'Islamismo, e se dal passato hassi a conchiudere per l'avvenire, siam guidati a sostenere che se quest'odio si calmasse, ne succederebbe la rovina inevitabile di tutto il sistema; ovvero che tra i Musulmani la tolleranza verso quelli di credenza diversa e l'indifferenza religiosa, vanno a pari e si porgono la mano.
Quei sentimenti ostili sono alimentati incessantemente dalla lettura del Corano, ridondante di minaccie ed imprecazioni contro gl'infedeli; ed è ancouna conseguenza necessaria della dottrina che dichiara essere la spada, l'istromento legittimo e santo per operare le conversioni; e della dottrina altresì, onde il vero Musulmano fu abituato a considerarsi in uno stato di guerra permanente cogli infedeli che non sono suoi soggetti e che non gli pagano tributo, stato di guerra che può essere interrotto solamente da tregue più o meno lunghe.
Merita eziandio si ricordi una sentenza di Maometto, gl'infedeli, egli dice, sono tutti un solo popolo.
Stando al modo che i Musulmani considerano il mondo, la specie umana si divide in due fazioni, fedeli ed infedeli; e questi ultimi o costringerli colle armi a credere, o sterminarli, o per lo meno soggettarli a tributo.
Veramente Maometto ed i primi Califi stabilirono alcune massime più indulgenti ed introdussero una tal quale tolleranza a fa vore di quelli che possiedono le Scritture, vale a dire de'Giudei e Cristiani.
Ma a misura che l'Islamismo conobbe quanto egli fosse intrinsecamente opposto al cristianesimo e scorse la voragine che lo separa da questa religione, ed a misura che Cristiani e Musulmani si trovarono impegnati in una lotta vicendevole, ora palese ora occulta, anco i sentimenti dovettero assumere un carattere decisamente ostile, e diventare più grave il giogo che pesava sui Cristiani.
Onde avvenne che non di rado furono trattati sul medesimo piede già usato contro i pagani; ed a cagione del dogma della divina trinità furono equiparati agli infedeli nemici della divina unità.
Si solevano indicare coll'epitteto di accompagnatori, vale a dire di uomini che facevano li esseri creati uguali alla divinità; erano anche detti congiungitori dell'umanità colla divinità (3) e posti ad una classe medesima coi politeisti.
Sino dai primi anni, Abu Sofian in un discorso in cui animava li Arabi alla battaglia contro i Greci, chiamava questi ultimi politeisti (4).
Sotto la dominazione dei Califi, la loro sorte, già dura per sè, fu anco più inacerbita da un disprezzo fuor modo oltraggioso e da vessazioni quali furono quelle che esercitava con tro di loro l'Abbasside Motawakkel (an.850); quindi anco dalle persecuzioni sanguinose Cagionate dal Califo Hakem della casa dei Fatimiti verso il 1017 che costarono la vita a innumerevoli.
Nei tempi di fervore per la fede ogni rapporto coi Cristiani agli occhi dei Musulmani aveva un certo non soché di obbrobrioso ed orribile, come ne fece esperienza Mohamed Ben Ismael, re di Granata, che fu assassinato dai Mori Africani nel 1333 perchè aveva mangiato con Cristiani ed aveva portato un abito regalatogli dal re di Castiglia (5).
Anche ai dì nostri un Persiano si crederebbe macchiato se si mettesse ad un medesimo desco coi Cristiani o mangiasse cose preparate da loro (6).
Un sorprendente esempio dello spirito di persecuzione de Maomettani lo diede nei tempi moderni Tippù sultano di Maisùr, e il suo procedere fu tanto odioso quanto brutale.
Questo sovrano di un regno, la maggior parte di cui era dominato ad una religione straniera, volle che l'unica fede in tutto il Malabar fosse l'Islamismo; nel che gli furono di aiuto i Moplay discendenti di una colonia araba, che assalirono gl'inermi Indiani come se andassero a caccia di fiere, molti ne circoncisero per forza, agli altri rapirono mogli, figliuoli ed ogni loro avere, e li astrinsero a cercare un rifugio nei boschi.
Lo stesso Tippù tolse ai Bramini le loro figlie, e dopo di averne abusato a sua voglia le rimandò ai genitori che ricusarono di riceverle, perchè esse, a cagione di quel commercio straniero, avevano perduto il diritto della loro casta; ovvero costrinse i Bramini a sposare quelle ragazze, lo che importava anco per loro la perdita della casta (7).
Questo cieco furore di persecuzione che non bada a riguardi, nè siappoggia se non al diritto del più forte, era ben naturale che spesse volte dovesse cagionare sanguinose reazioni; e non è da ammirare se anco adesso i Kafiri o infedeli che abitano al settentrione di Bagiur, in vicinanza degli Afgani musulmani, hanno per opera sommamente meritoria quella di uccidere un musulmano.
Se noi possedessimo una storia dell'India sotto il dominio de Maomettani, scritta dagl'Indiani medesimi, e non come quella di Ferisc'ta dettata nello spirito dei dominatori, quale orrido quadro non ci offrirebbe ella di mali trattamenti e di oltraggi durati per secoli contro la religione di quei popoli.
Il solo Akbar si fece una massima di rispettare la loro credenza religiosa; e diceva a suo figlio, che rappresentando egli l'ombra di Dio sulla terra, doveva imitare l'esempio della divinità che tollera tutte le religioni; e che anzi vi sono almeno cinque sesti degli uomini i quali, estranei alla vera fede, ne seguono altre al tutto diverse, e che se l'intolleranza religiosa dovess'essere il principio del suo operare, si dovrebbe farli ammazzare tutti.
Ma l'imperatore Geanghir, suo figlio, ci fa sapere che Akbar era un miscredente, e che Abulfadsel, suo Visir, lo aveva persuaso, Maometto essere niente più di un arabo di straordinaria eloquenza, ed il Corano essere stato inventato da lui (8).
È un tratto speciale all'Islamismo che mai in nessun tempo egli si sia occupato a propagarsi e diffondersi tra quelli di altra credenza mediante la persuasione e l'insegnamento.
Le varie sette eretiche formatesi nel suo seno dopo il secondo secolo dell'Egira, ebbero i loro missionari, i loro Dai, i quali trassero da tutte le parti onde coll'istruzione e col convincimento guadagnare i musulmani ortodossi e ispirar loro le proprie dottrine; al qual pericoloso ufficio, si applicarono con uno zelo infaticabile ed una dedizione ed una perseveranza degni di ammirazione.
Ma toltine alcuni casi eccezionali, per convertire gl'infedeli non vi furono apostoli.
Ibn-Batuta racconta che li abitanti delle isole Maldive furono convertiti da un Arabo venuto dal Magreb o dall'Occidente (9); ma costui non vi era stato condotto dalla vocazione di un predicatore della fede, e si era piuttosto giovato della circostanza e della buona volontà del re.
Per vero dire, secondo l'idea de Musulmani, pareva dover bastare che un araldo della fede, o qualunque altro
pio musulmano, indirizzandosi ad una città o ad un esercito, avesse a proporre semplicemente di credere in un Dio unico e solo rimuneratore, e in Maometto suo profeta.
E chi non si prestava a questo primo invito e non dava subito la sua confessione di fede, consideravasi per uno predestinato da Dio ad essere un ostinato incredulo, verso cui non restavano più altri doveri da compiere; nè vi era modo per tentar di convincere con ragioni e dimostrazioni, imperocchè la prova capitale, consistente nella inarrivabile eleganza del Corano, era di nessuna forza per quelli che non lo intendevano.
Anzi lo spirito dell'Islamismo è così alieno dall'adoperar l'istruzione onde produrre qualche effetto sui seguaci di altre religioni, che l'accesso alla cognizione del medesimo fu resa piuttosto difficile che facile.
Nei paesi ove il fanatismo musulmano non è fiaccato ancora, si ritiene per un delitto d'insegnar l'arabo ad un cristiano; e se uno straniero volesse visitare una moschea per informarsi delle preghiere e degli altri atti religiosi che vi si praticano, metterebbe a gran rischio la vita. (10)
Elenco qui di seguito alcuni versetti del Corano che definire terribili è dire poco, e che spiegano la scia di sangue che da 1.500 anni caratterizza l’Islam, come sappiamo il Corano, per i musulmani, rappresenta direttamente la parola di Allah, e non può essere interpretata come avviene invece per la nostra Bibbia.
- "Recita quello che ti è stato rivelato del Libro del tuo Signore. Nessuno può cambiare le Sue parole e non troverai, all'infuori di Lui, alcun rifugio" (Sura 18;27);
- "In verita’, coloro che avranno rifiutato la fede ai nostri segni li faremo ardere in un fuoco e non appena la loro pelle sara’ cotta dalla fiamma la cambieremo in altra pelle, a che meglio gustino il tormento, perché Allah e’ potente e saggio" (Sura 4:56);
- "La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra e’ che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l'ignominia che li tocchera’ in questa vita; nell'altra vita avranno castigo immenso" (Sura 5;33);
- “Uccidete gli infedeli ovunque li incontriate. Questa e’ la ricompensa dei miscredenti.” (Sura 2:191);
- “Vi e’ stato ordinato di combattere, anche se non lo gradite. E' possibile che abbiate avversione per qualcosa che invece e’ un bene per voi, e può darsi che amiate una cosa che invece vi e’ nociva. Allah sa e voi non sapete. ” (Sura 2:216);
- "Instillerò il mio terrore nel cuore degli infedeli; colpiteli sul collo e recidete loro la punta delle dita... I miscredenti avranno il castigo del Fuoco! ... Non siete certo voi che li avete uccisi: e’ Allah che li ha uccisi" (Sura 8:12-17);
- "Profeta, incita i credenti alla lotta. Venti di voi, pazienti, ne domineranno duecento e cento di voi avranno il sopravvento su mille miscredenti" (Sura 8:65);
- "Quando poi saranno trascorsi i mesi sacri ucciderete gli idolatri dovunque li troviate, prendeteli, circondateli, catturateli ovunque in imboscate! Se poi si convertono e compiono la Preghiera e pagano la Decima, lasciateli andare" (Sura 9:5);
- Dicono i giudei: "Esdra e’ figlio di Allah"; e i cristiani dicono: "Il Messia e’ figlio di Allah". Questo e’ ciò che esce dalle loro bocche. Li annienti Allah. Quanto sono fuorviati!" (Sura 9:29-30);
- "O voi che credete! Se non vi lancerete nella lotta, Allah vi castighera’ con doloroso castigo e vi sostituira’ con un altro popolo, mentre voi non potrete nuocerGli in nessun modo" (Sura 9:39);
- "Maledetti! Ovunque li si trovera’ saranno presi e messi a morte." (Sura 33:61);
- "Quando incontrate gli infedeli, uccideteli con grande spargimento di sangue e stringete forte le catene dei prigionieri" (Sura 47:4);
- (le donne) ..."Esse hanno diritti equivalenti ai loro doveri, in base alle buone consuetudini, ma gli uomini sono superiori . Allah e’ potente, e’ saggio" (Sura 2:228);
- "Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro beni. Le [donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate piu’ nulla contro di esse. Allah e’ altissimo, grande" (Sura 4:34);
- "E di' alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste e di non mostrare, dei loro ornamenti, se non quello che appare; di lasciar scendere il loro velo fin sul petto e non mostrare i loro ornamenti ad altri che ai loro mariti, ai loro padri, ai padri dei loro mariti, ai loro figli, ai figli dei loro mariti, ai loro fratelli, ai figli dei loro fratelli, ai figli delle loro sorelle, alle loro donne, alle schiave che possiedono, ai servi maschi che non hanno desiderio, ai ragazzi impuberi che non hanno interesse per le parti nascoste delle donne. E non battano i piedi sì da mostrare gli ornamenti che celano." (Sura 24:31)
- "O Profeta, di' alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di coprirsi dei loro veli, così da essere riconosciute e non essere molestate . Allah e’ perdonatore, misericordioso" (Sura 33:59);
- “Le vostre spose per voi sono come un campo. Venite pure al vostro campo come volete….” (Sura 2:223);
- “Ecco quello che Allah vi ordina a proposito dei vostri figli: al maschio la parte di due femmine. … Questo e’ il decreto di Allah. In verita’ Allah e’ saggio, sapiente” (Sura 4:11);
- "Flagellate la fornicatrice e il fornicatore, ciascuno con cento colpi di frusta e non vi impietosite [nell'applicazione] della Religione di Allah, se credete in Lui e nell'Ultimo Giorno, e che un gruppo di credenti sia presente alla punizione" (Sura 24:2);
- “Tagliate la mano al ladro e alla ladra, per punirli di quello che hanno fatto e come sanzione da parte di Allah. Allah e’ eccelso, saggio” (Sura 5:38);
- "O voi che credete, non sceglietevi per alleati ebrei e cristiani, essi sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati e’ uno di loro" (Sura 5:51);
- "I credenti non si alleino con i miscredenti, preferendoli ai fedeli. Chi fa ciò contraddice la religione di Allah, a meno che temiate qualche male da parte loro" (Sura 3-28);
- "O voi che credete, non sceglietevi amici intimi al di fuori dei fedeli, farebbero di tutto per farvi perdere. Desidererebbero la vostra rovina; l'odio esce dalle loro bocche, ma quel che i loro petti celano è ancora peggio" (Sura 3-118);
- "Chi vuole una religione diversa dall'Islàm, il suo culto non sarà accettato" (Sura 3:85);
- "O voi che credete, combattete i miscredenti che vi stanno attorno, che trovino durezza in voi. Sappiate che Allah è con i timorati" (Sura 9-123).
BIBLIOGRAFIA
(1) FERISHTA, history of the Mahomedan power in India, transl. by BRIGGS. London, 1829, II, 311.
(2) REINAUD nel Journal Asiatique, V, 237, 290.
(3) IALAL-ADDIN AL SIUTI, hislory of the Temple of Jerusalem , transl. by REYNOLDs. London, 1836, p. 197, 240.
(4) TABERISTANENSIS II, 101: Vos quidem propugnatores Arabum estis atque Islamismi adjutores; illi vero propugnatores Graecorum atque adiutorespolytheismi sunt.
(5) CONDÈ. Storia della dominazione de Mori nella Spagna. III, 134.
(6) FRASER. Narrative of a journey into Khorasan.London, 1825, p. 182.
(7) BUCHANAN , journey from Madras trough Mysore an Malabar. Lond., 1807, I, 56; II, 550.
(8) Memoirs of the emperor IAHANQUEIR, written by himself, transl. by PRIcE. London, 1829, p. 54.
(9) Travels of IBN-BATUTA (verso il 1325), transl. by LEE. Lond., 1829, p. 180.
(10) tratto dall'opera la Religione di Maometto - considerata nel proprio suo sviluppo interiore e nella sua influenza sulla vita dei popoli, di G.G. Ignazio Dollinger, professore di teologia a Monaco, versione dal tedesco di A. Bianchi Giovine, pubblicata nel 1848 a Milano dalla tipografia di Gio, Silvestri.