L’Anello dei Dottori e delle popolane romane
(Anulus, equitum annuli).
L'anello fino dai remotissimi tempi è stato un segno simbolico di onore e di dignità e credo che si debba appunto considerare sotto questo lato l'anello nuziale che porta la sposa, come l’emblema della fede e del vincolo nuziale, difatti, allorché la donna si sposa, entra in una condizione sociale direi quasi più nobile, certamente più dignitosa.
Prescindendo da tale riflessione, anche sino a qualche decennio fa l'anello era considerato sotto un doppio aspetto, come presso gli antichi, come un distintivo di onore e di dignità o un segno di lusso.
Il Papa porta l'anello del pescatore, i vescovi l'anello vescovile o episcopale come distintivo della loro dignità ecclesiastica; e nelle Università, allorché ai giovani studiosi si conferiva la laurea in qualche disciplina scientifica, fra le varie formalità vi era anche quella di porre al dito del laureato l'anello dottorale come simbolo dell'onore che veniva conferito con la concessione della stessa laurea.
Gli antichi romani davano il diritto di portare l'anello ai cavalieri, cioè a quei cittadini che servivano nell'esercito a cavallo. È cosa nota a tutti che l'antico ordine equestre dava una certa nobiltà che anche se non era così distinta come quella dei patrizi, comunque era onorevole.
Detto ciò, al riguardo dell’uso degli anelli come segno di onore e di dignità veniamo ora a dire qualche parola sui medesimi come ornamento di lusso.
Fino alla fine del 1800, le cosiddette Minenti (1), ossia le popolane di Roma, usavano portare dei solidi e pesanti anelli di oro semplicemente lavorati (piccoli cerchi alcune volte martellati, più spesso lisci quasi come le Fedi delle donne sposate). Avendo in quell'epoca il ceto popolano di Roma una foggia di vestiario e di abbigliamento tutto particolare e diverso da quello delle altre classi dei suoi concittadini, le popolane facevano un grande sfoggio di simili anelli e ne avevano piene (specialmente le più ricche) entrambe le mani, portandone perfino tre o quattro anelli per dito, tranne che per il pollice che restava disadorno. In seguito, la moda assimilando in tutto ogni classe di cittadini, fece sparire tale usanza che non si vede che rarissimamente in qualche vecchia trasteverina.
Anche i romani (specialmente sotto l’impero) avevano l’usanza di riempirsi le mani di anelli in modo che ogni dito fosse adorno e inanellato tranne il solo dito medio, il quale doveva essere esente da simili gioielli - Digitus medius excipitur: coeteri omnes onerantur, atque etiam privatis articulis (2).Gli anelli contenevano diamanti, smeraldi, ed altre pietre preziosissime e l'effeminatezza era tale che anche gli uomini adornavano in sovrabbondanza le mani, come si racconta di Marziale, il quale burla meritatamente la femminile vanità di un tale Chiarino che portava sei anelli su ciascun dito e non li deponeva neanche quando si recava tra le braccia di Morfeo. (3)
N.B. tratto dallo studio dell’Avv. Luigi Dubino, 1875.
Note
- La provenienza della parola Minenti si sconosce: forse è un corrotto di Eminenti, in quanto le popolane romane per la loro bellezza, per la loro briosa serietà (sono due parole che sembrano contenere una contraddizione, ma chi conosce bene il popoletto di Roma vedrà che sono esatte) e per il portamento matronale veramente romano (eminente), superavano di gran lunga non solo la popolazione degli altri luoghi, ma le donne di più civile condizione della stessa Roma che erano anche esse assai belle. Fino a pochi anni addietro si cantava una canzone popolare che diceva:
A Roma a Roma le belle romane;
Ma le più belle son Trasteverine
E rubacuori quelle Montigiane
2. Plin. Hist. Nat. L. XXX;
3. Sardonicas, smaragdos, adamantes, iaspidas uno Portat in articulo… Senos Charinus omnibus digitis gerit. Nec nocte ponit anulos. Mart. Epigr. V . 2 , 10.