Il libero pensiero - Ateismo - Luigi Albano

LUIGI
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Napoleone Roussel (1805-1878)
 ATEISMO

Uno spartano domandò a un sacerdote che voleva confessarlo:
«A chi devo confessare i miei peccati, a Dio o agli uomini?».
«A Dio», rispose il prete. «Allora, ritirati, uomo».

Plutarco (ca. 46-125), Detti dei Lacedèmoni



Come credere in Dio, dice l’ateo, quando disordini così grandi travagliano il mondo? Perchè quelle pestilenze che decimano i popoli, quei terremoti che seppelliscono città, quelle piene guastatrici delle campagne, quelle epidemie distruggitrici del bestiame? Perché quei semi di morte che rovinano le nostre messi, quelle fami, quelle malattie? Se ci fosse un Dio, avremmo noi da durare tante calamità?
A quell’ateo voi potreste rispondere: ma subito che non c'è Dio, di chi vi andate lagnando? Sarebbe un creatore, il quale non esiste che farebbe tremar la terra, subissarsi le città, soffrire i popoli? E se tutti quanti quei mali succedono da sè, non è forse ridicolo l’inacerbirsi contro al fulmine, contro alla grandine, contro alla peste che nissuno mandò?
- Ma se ci fosse un Dio, risponde l’ateo, non capirei perchè tutti quei flagelli?
- Sapete che cosa ciò mi prova?
- No.
- Semplicemente che voi non capite. Nient’altro.
Forse che un giorno capirete meglio. Quante cose che non intendevate nelle vostra infanzia e che all’età vostra matura riescono chiare! Avreste voi già forse toccato i limiti dell’umano scibile? Quanti antichi misteri che ora si son fatti verità volgari! Si stupiva in America un viaggiatore che vasta pianura fosse da erba impestata ricoperta.
Tira innanzi, e più lungi riconosce che l’atmosfera carica di miasmi prima di passare su quella Prateria, si trova pura dopo di averla attraversata. Allora s’avvede che quell’erba raccogliendo a sè il veleno ne avea purgato l’aria.
Per più secoli fu questione il sapere di qual pro fosse l’immenso deserto del Sahara, che al viaggiatore altro non dà se non fuoco a respirare.
In seguito, fu osservato che il Simoun, detto nelle Alpi e nei Pirenei mangiatore di neve, levava all’Europa quell’eccesso di brina che farebbe inabitevole buona parte di essa. Vi lagnerete voi ancora del Sahara?.
Non è guari si chiedeva perchè, durante lunghi periodi, avesse dovuto il nostro globo produrre piante colossali e nutrire giganteschi animali. Oggi si scopre che quel mucchio di fossili dovea costituire lo strato che riscalda i nostri inverni e riduce a maturità le nostre messi; mentre il dente micidiale di quei mostri era incombenzato di mantenere l’equilibrio nella creazione animata fino a che, divenuti inutili, fossero quei terribili carnivori essi pure portati via per non lasciare sussistere se non gli innocui armenti, servi e cibo nostri.
Speriamo che nuovi progressi nella scienza spiegheranno, un di, ciò che al presente non ancora intendiamo.
Se non ci fossero nel mondo che cose nocive, potreste dire con ragione: non è quella l'opera di un Dio!
Ma mi pare che accanto a quelle messi appassite ce ne siano pure alcune di floride; tutti i monti non mettono fiamme, alcuni pure ci danno e rivi e piogge; il sole non sempre brucia i nostri frutti, anche qualche volta li matura: ne è prova il fatto che se ne nutrisce il genere umano.
Se dunque il bene sopravanza infinitamente il male e se hanno le cognizioni acquistate fatto manifesto che certi mali apparenti sono in realtà un bene, speriamo che quelle che sono da acquistarsi spiegheranno quanto ancora ci fa stupire.
Finalmente, se mai nell’universo ci dovessero rimanere alcuni misteri, noi acconsentiremo a saperne un po’ meno del creatore. Sia pure, mi si dirà. Le concedo che le imperfezioni del nostro globo non siano tali in realtà, e che entrino nel disegno generale dell’universo; ma c’è un’ altra specie di mali, coll’esistenza dei quali non mi posso capacitare.
Quali spaventevoli disuguaglianze infra gli uomini!
Quali patenti ingiustizie! Quante innocenti creature che muoiono nell’infanzia! Quanti malvagi che arrichiscono e vivono senza fastidii. Se esistesse un Dio, permetterebbe egli tutto ciò? Lo confesso: la nostra società umana è lungi dall’essere perfetta: tuttavia prima di scagliare un’accusa contro al creatore, lasciate ch'io interroghi le creature, Voi parlate di spaventevoli disuguaglianze.
Ma chi è che si lagna di simili disuguaglianze? sono i grandi od i meschini? E se fossero mutate le parti, non sarebbero allora i poveri nuovi, che già furono ricchi, i quali si lagnerelibere? Ciò che mi prova non essere la disuguaglianza che offende, bensì il fatto di trovarsi nel piattello leggiero, si è che basterebbe che gli ultimi diventassero i primi, perché si cambiassero i lamenti in soddisfazione.
Gli uomini di basso stato divenuti ricchi direbbero allora: (Tutto stà bene: ognuno a suo tempo; tutti non possono essere ricchi: lavorino i poveri per diventarlo; nascono le disuguaglianze dalla pigrizia, dallo stravizio, dall’ignoranza! »
Sì davvero, io vorrei potere arricchire per un giorno coloro che mormorano contro all’ingiustizia della fortuna e li udireste allora patrocinare essi stessi la causa del Dio buono! Si parla poi di tanti errori, di tanti vizii nella società; ma coloro che si lagnano non hanno essi commesso alcuno di quegli errori? Non hanno essi nissun di quei vizii ? E quando ogni uomo n’avrebbe preso la giusta sua porzione, cosa ne resterebbe d’avanzo? Con qual diritto faremmo noi risalire a Dio ciò che la sua legge, in noi, scritta condanna? E' colpa del creatore che disubbisca la creatura? Sarebbe dunque stato spediente il levarci ogni libertà e farci produrre la giustizia e la carità nel modo stesso che il melo produce le mele?
Vi parrebbe egli meglio che fosse l’uomo costretto nei suoi movimenti, nei suoi pensieri, e che trascinasse attaccata all‘essere suo la virtù, come trascina la sua palla il galeotto?
No, è la libertà d’operazione che costituisce il valore morale; come è la moralità che costituisce la felicità. Dio vi ha creato libero, affinchè foste capace di essere felice.
L’ateo trasporta in altro campo la discussione e dice:
- La materia è eterna, questo mondo ha sempre esistito. Voi parlate d’un creatore e d’una creazione. Io, tutto ciò lo riduco a maggior semplicità, e dico: L’universo non ebbe mai principio. Tutte le cose sono state, sono e sempre saranno le stesse.
- Non è una risposta il vostro mondo eterno; il dire: fu sempre così, tronca la quistione ma niente prova. In quanto a me, desidero maggior luce e faccio così il mio raziocinio: V'ha in me un profondo convincimento, ed è che non esiste effetto senza causa, e che deve una causa contenere ciò che comunica al suo effetto. Or bene, voi ed io siamo esseri intelligenti e liberi; morali, se non sempre nel fatto, almeno potenzialmente. Il mio senso intimo mi dice inoltre che quella libertà, quella natura morale costituiscono la nostra eccellenza, e che l’essere che le ha poste in noi deve egli stesso possederle al grado supremo.
Simili facoltà non sono quelle della materia. Una materia dotata di volontà, di moralità, urta il mio spirito.
Che la causa prima metta in un corpo un’ intelligenza per governarlo, lo credo; non già perchè io me lo spieghi, ma perché ne faccio la sperienza; e, siccome io son persuaso che il mio senso intimo è pure il vostro, vi rammento semplicemente quel fatto spirituale senza studiarmi a stabilirlo.
Accanto a quella nozione di causa prima che io ritrovo in me, i fatti esterni vengono a manifestarmi le cause finali, cioè a dire degli scopi inseguiti e raggiunti.
Voi mi dite: l’uomo vede perchè ha occhi; » ciò nulla dice, e credo poter soggiungere: l’occhio è fatto per vedere, la mano per afferrare, il piede per camminare.
Ecco un’ altra ancora di quelle nozioni istintive, alle quali mi abbandono senza titubanza veruna; è il caso di dire: Non posso diversamente.
Finalmente, fuori di me trovo l’universo, e, in forza della mia nozione di causalità, io sono costretto a conchiudere che c’è una causa a quell’effetto.
Studio quella creazione, ci scopro un ordine mirabile e la mia nozione d'ordine mi spinge a dire: Quella creazione così ordinata deve avere un creatore intelligente. Ecco il mio Dio.
Se ora dovessi riassumere il vostro ed il mio sistema, direi: Ambedue scorgiamo nell’universo mille e mille soggetti d’ammirazione: corso regolare delle stagioni sulla terra, ciclo invariabile degli astri nei cieli, direzione unica impressa a tutte quante le rivoluzioni planetarie, rapporto tra i nostri bisogni ed i prodotti del nostro globo, armonia sempre ed ovunque. In ciò siamo d’accordo; ma ecco in che dissentiamo: quell’ordine universale, io l’attribnisco ad una causa intelligente; voi a niente!
In quel punto tutto stà. Scegliete!
Se sono le cose sì chiare e sì semplici, mi direte, perchè dunque hanno tanti altri inferito precisamente l’opposto?
Perchè li persuase la passione. Nissun Dio.., non più religione, non più coscienza, non più doveri! Nissun Dio. . ., totale libertà! Nissun Dio al disopra dell’uomo. . ., dunque l’uomo medesimo é Dio; il che non manca di piacere all’imaginazione e di accarezzare l’orgoglio.
So bene che la mia risposta riveste tutta la forma di un’ accusa; ciò nonostante, non temo di farla, perchè nell’istesso mentre faccio una confessione.
Io non mi stimo migliore di coloro cui la mia parola accusa; altri sono i miei torti ma non sono né più lievi, nè in minor numero. L’unica differenza si è che io sento le mie colpe, me ne rammarico e ne cerco il perdono. Ora, quel perdono mi viene offerto nel Vangelo. Lo trovo in bocca al crocifisso: « Padre, perdona loro, perciocchè non sanno quel che fanno » Ecco la salute cristiana presentata a coloro che, ieri soltanto, crocifiggevano Iddio col loro ateismo, ma che oggi possono credere.
Alla preghiera di Gesù unisco la mia, ed il comun nostro Padre il quale già mi ha dato, mediante il suo Spirito, di riconoscermi peccatore, per quel medesimo Spirito mi fa sentire che perdonato io sono.

Firenze -  anno 1867, autore: Napoleone Roussel (trascrizione in ortografia originale)

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